Come e perché usare un linguaggio neutrale

Quella che segue è un’introduzione all’utilizzo del linguaggio neutrale nella lingua italiana. Per linguaggio neutrale si intende una modalità espressiva che possa andare oltre l’utilizzo esclusivo del femminile e del maschile per riferirsi alle persone.

La lingua italiana formale rispecchia il binarismo di genere, ovvero la classificazione delle persone sulla base della forma dei genitali esterni in uno dei due generi mutuamente escludenti: il femminile e il maschile. Si avverte pertanto la necessità di sviluppare delle strategie espressive alternative, poiché abbattere le barriere linguistiche è un passo importante per abbattere le barriere relative al genere.

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Di frequente, nel rivolgersi a qualcunə, si utilizzano il maschile o il femminile basandosi su una prima impressione approssimativa dell’aspetto fisico o della sua espressione di genere.

Così facendo non si tiene conto del fatto che il sesso si riferisce unicamente a differenze di tipo biologico/anatomico, mentre il genere è un costrutto socio-culturale, e l’identità di genere è la percezione che ogni persona ha di sé in relazione all’adesione ad uno, entrambi, o nessuno, dei generi.Non c’è una corrispondenza obbligatoria tra sesso, genere e identità, così come può non esserci una corrispondenza obbligatoria con i pronomi utilizzati.

Pronomi e lingua italiana

I pronomi sono intesi, in questo contesto, in riferimento alla preferenza che ogni persona ha, per il modo in cui ci si rivolge a lei. Alcune persone utilizzano i pronomi femminili o maschili (lei o lui, e in inglese she/her o he/him). Alcune persone usano una sola serie di pronomi per riferirsi a sé stesse (lei o lui), altre usano più pronomi (lei/loro, alternare tra lei e lui, o qualsiasi pronome) e alcune non usano alcun pronome (preferendo il nome proprio), o utilizzano neopronomi neutri come ləi. I pronomi utilizzati ci aiutano a capire se le persone per riferirsi a loro stesse usano il femminile, il maschile, entrambi, o nessuno e a declinare il linguaggio di conseguenza

L’italiano è una lingua flessiva e, oltre ai pronomi, anche i sostantivi, gli articoli, gli aggettivi, e alcuni tempi verbali sono declinati per genere. Questo evidenzia una mancata rappresentazione a livello sintattico, come a livello sociale, di chi non appartiene o non sente di appartenere a una delle due categorie.

Esistono alcune strategie per sostituire nei testi scritti le vocali genderizzate (come “a” e “o” ) con segni grafici come la chiocciola @, l’asterisco *, la schwa ə, e per il plurale la schwa lunga ɜ, al fine di usare un linguaggio inclusivo. Questo avviene anche in altre lingue con modalità diverse.

Nel parlato, adottare un linguaggio neutro quando si parla di/con altre persone può risultare ancora ostico. Per moltɜ risulta strano “troncare” le parole omettendo l’ultima lettera, o utilizzare la schwa pronunciata come una vocale “muta” e gutturale.

Pronomi e identità

Molte persone con un’identità di genere non binaria scelgono di esprimerla attraverso l’uso dei pronomi neutri. In altre lingue questo è diffuso o agevolato, ad esempio dall’utilizzo di diversi pronomi e neopronomi.

Occorre però ricordare che i pronomi non sono necessariamente un indicatore dell’identità della persona.

Non tutte le persone non binarie, ad esempio, usano i pronomi neutri. Alcune persone non binarie alternano tra pronomi maschili e femminili, altre scelgono quelli in cui si riconoscono di più.Viceversa, non è necessario che una persona si riconosca come transgender o non binaria per scegliere di utilizzare i pronomi neutri. Una persona potrebbe essere in fase di questioning, cioè interrogarsi sulla propria identità di genere, potrebbe identificarsi come cisgender o non cisgender e riconoscersi nei pronomi neutri.

Perché è importante rispettare i pronomi utilizzati?

È ormai comprovato come il tentativo di racchiudere le identità di genere e sessuali in due poli opposti ed esclusivi, non si sia dimostrato sufficiente. Sebbene i pronomi non siano necessariamente allineati con l’identità di genere, possono dare modo alle persone di affermare e comunicare la propria identità e/o espressione di genere.

Quando si utilizza un pronome, articolo o desinenza errate (il cosiddetto misgendering) parlando con qualcunə, questə può sentirsi in difficoltà, imbarazzata, o persino invalidata rispetto alla propria identità/esistenza: dover correggere o ricordare i propri pronomi di frequente comporta un importante carico emotivo e cognitivo.

È auspicabile evitare di mettere le persone nella condizione di dover correggere i pronomi che si usano per rivolgersi a loro. 

Prestare attenzione ai pronomi utilizzati dalle persone è una piccola accortezza che può avere un risvolto molto profondo: per molte persone il semplice fatto di essere chiamate con i pronomi corretti può essere valorizzante e farle sentire viste e rispettate per come sono.

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Esempi pratici 

Come fare quando non si conoscono i pronomi utilizzati, o si vuole utilizzare un linguaggio neutro?

Bastano alcune strategie per aggirare l’obbligo di usare uno dei due generi. Inoltre, nella lingua italiana, esistono già strutture verbali che non implicano l’uso del genere nella loro forma originale, e che quindi non richiedono alcuna modifica.

Ecco alcuni esempio per rendere più neutre frasi di uso comune.

  1. Utilizzare il nome della persona:

È per lui/lei → È per Ale

Lei/lui ha già pagato → Ale ha già pagato

  1. Selezionare strutture verbali che non implicano un genere

Ti sei divertita/divertito? → È stato divertente?

Ti sei spaventato/spaventata? → Hai avuto paura?

È molto esperta/esperto →  Ha molta esperienza

  1. Utilizzare la schwa o “troncare” la vocale

Sei stanco/stanca? → Sei stancə? Sei stanc?

  1. Chiamare, indicare, o descrivere senza utilizzare un pronome: l’importanza della persona

Lui/lei ha dimenticato lo zaino → Quella persona ha dimenticato lo zaino

Chiediamolo a quell’uomo/quella donna → Chiediamolo alla persona che ha appena parlato/la persona con la camicia rossa/la persona vicino al tavolo

  1. Utilizzare pronomi relativi e interrogativi che non hanno un genere, come ad esempio “chi”

Guarda, arrivano le ragazze/i ragazzi! → Guarda chi arriva!

Ti ha accolto lui/lei? →  Chi ti ha accolto?

In conclusione, è importante non dare per scontato quali siano i pronomi con cui una persona si riconosce.

Per alcune persone i pronomi sono sempre gli stessi, per altre cambiano in base alla giornata, alla fase della vita, oppure ai contesti (ci sono alcuni contesti in cui utilizzare i propri pronomi non è percepito come sicuro). 

Il modo migliore per capire che pronomi utilizzare, è quello di non dare nulla per scontato e ascoltare il modo in cui la persona usa i pronomi per riferirsi a se stessa in ciascun contesto. Se non c’è occasione di dedurre i pronomi si può chiedere educatamente quali utilizzare, o utilizzare strategie che evitino di dover scegliere arbitrariamente tra maschile e femminilie.

Usare un linguaggio e dei pronomi neutri, quando appropriato, ha un risvolto positivo immediato in quanto è una dimostrazione di rispetto per la persona a cui ci rivolgiamo ed è stato dimostrato che contribuisce a diminuire pregiudizi e atteggiamenti discriminatori nei confronti delle donne e delle persone non binarie. Infine, inserire pronomi neutri nel linguaggio può avere anche valenza simbolica perché significa rende possibile rappresentare la pluralità dell’identità.

Glossario

Identità di genere: Senso intimo, profondo e soggettivo di appartenere o relazionarsi al genere o ai generi. Può essere stabile o cambiare nel tempo.

Transgender: Persona la cui identità di genere non si allinea con il sesso assegnato alla nascita. Alcune persone transgender si identificano con il genere opposto a quello di nascita, ma il termine comprende anche coloro la cui identità di genere va oltre il binarismo maschile-femminile che si riconoscono in questa definizione.

Cisgender: Persona la cui identità di genere si allinea con il sesso assegnato alla nascita.

Identità non binaria: Identità di genere che va oltre la tradizionale dicotomia di genere e comprende un’ampia gamma di identità che non si allineano esclusivamente come uomo o donna.

Lingua genderizzata: L’italiano è una lingua flessiva con due soli generi, il maschile e il femminile, e in caso di moltitudini miste prevede che si ricorra al maschile sovraesteso.

Questioning: Processo di ricerca personale durante il quale ci si interroga sulla propria identità sessuale o di genere, senza ancora averla chiaramente definita, in cui si può sperimentare e/o porsi domande al fine di comprendere meglio.

Misgendering: L’uso di pronomi e categorie di genere scorrette quando ci si rivolge a un’altra persona. È stato definito come un atto microaggressivo.

Neopronomi: Neologismi che differiscono dai pronomi più comunemente usati in una determinata lingua. Esempi di neopronomi  in inglese sono: xe/xir/xirs, ze/zir/zirs.

Pronomi neutri: Scelta linguistica che non presenta connotazioni di genere, e permette di riferirsi a una persona senza dover assumere un genere specifico.

Bibliografia

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  • Lubello S., Nobili C., L’italiano e le sue varietà, Firenze, Franco Cesati Editore, 2018.
  • Marotta, I., & Salvatore, M. (2016). Un linguaggio più inclusivo? Rischi e asterischi nella lingua italiana. gender/sexuality/italy, 3, 1-15.
  • Tavits, M., & Pérez, E. O. (2019). Language influences mass opinion toward gender and LGBT equality. Proceedings of the National Academy of Sciences, 116(34), 16781-16786.

Perché scriviamo inclusivo.

Quello che segue è un tentativo di spiegazione sul perché sia necessario l’uso di un linguaggio inclusivo e sul perché noi – professionistз della salute mentale, divulgatorз, formatorз e articolistз – riteniamo sia doveroso applicarlo alla nostra attività – dal singolo articolo al colloquio psicologico.

L’intento è quello di dare delle risposte a domande che riteniamo possano emergere sia per critica sia per semplice curiosità, nella speranza che il contenuto possa anticipare o rispondere a questi legittimi bisogni.

·        Perché abbiamo scelto un linguaggio inclusivo?

Asterisco è nata con il desiderio di creare un ponte tra la ricerca scientifica nel campo delle diseguaglianze e dell’inclusività e la vita di tutti i giorni. Qualsiasi intervento Asterisco metta in atto ha una portata sociale. Il nostro focus è quello di creare un terreno condiviso in cui nessunə debba sentirsi esclusə, dalla formazione nelle scuole alle dirette su Instagram. Anche la lettura può essere un veicolo di esclusione. Ecco perché abbiamo deciso di rendere tutte le informazioni che veicoliamo (sia scritte sia parlate) il più accessibili possibile. Per questo abbiamo scelto di scrivere i nostri articoli rinunciando alla grammatica di genere.

·        Cos’è la grammatica di genere?

La grammatica di genere consiste nell’utilizzo, all’interno di una lingua, di nomi e declinazioni che hanno un’assegnazione di genere maschile o femminile. Con “assegnazione di genere” intendiamo tutte quelle forme grammaticali (come aggettivi, pronomi, articoli determinativi e indeterminativi) che riflettono il genere di un individuo in questione. È una grammatica tipica delle lingue latine come quella italiana. Numerosi studi nel corso degli anni hanno dimostrato come nei paesi in cui la lingua è particolarmente genderizzata sia minore l’uguaglianza di genere. Questo perché il modo in cui esprimiamo la nostra lingua riflette il modo in cui pensiamo e vediamo il mondo.

·        In italiano abbiamo il maschile plurale che vale per tutti i generi. Perché non vi accontentate di quello?

La nostra è una scelta che parte dalla consapevolezza che ogni nostra produzione (dall’articolo al colloquio psicologico) ha un impatto sociale. Questo impatto sociale per noi implica una grande responsabilità che accogliamo a pieno come professionistз.

Il maschile plurale non è sufficiente affinché l’effetto della grammatica di genere scompaia. Anzi, potremmo dire l’esatto contrario.

·        Cos’è il linguaggio genderless?

Il linguaggio genderless potremmo tradurlo come linguaggio senza-genere, ovvero che non ha riferimenti al genere degli individui a cui sono riferiti nomi, aggettivi e altre declinazioni. Chiaramente è un problema applicarla alla lingua italiana ed è il motivo per cui la ricerca in questo campo è molto attiva. Noi vogliamo essere parte di questa ricerca e abbiamo scelto di sperimentare l’utilizzo della schwa (sostituendo le declinazioni maschili e femminili con “ə” al singolare e “з” al plurale) .

·        Perché abbiamo scelto proprio la schwa?

La scelta su quale soluzione adottare non è stata semplice. Inizialmente avevamo adottato l’asterisco (da qui deriva anche il nome della nostra associazione), ma in tempi recenti abbiamo optato per questa nuova alternativa. Siamo consapevolз dei limiti di questa scelta, ma siamo estremamente ricettivз al cambiamento in questo campo. Qualora si presentasse una soluzione migliore della schwa la adotteremo ponderandone i pro e i contro.

·        Come devo leggere la schwa negli articoli?

La lettura è libera ed è uno dei grandi vantaggi della grammatica genderless. Chiunque può leggere le declinazioni con la schwa come vuole. A differenza del parlato, la lettura – che sia a mente o ad alta voce – permette una certa libertà di interpretazione. Nulla toglie che chi legge possa decidere di usare la declinazione maschile plurale. Il nostro consiglio è di approfittare della lettura dei nostri articoli per familiarizzare con la sonorità della schwa, che attualmente è percepita ancora come una nota stonata nella melodia che è la nostra lingua. Noi siamo convintз che sia solo l’effetto di un’abitudine che ancora non abbiamo fatto nostra.

·        Chi siete voi per cambiare la lingua italiana?

Può sembrare una frase fatta, ma la lingua italiana si è modificata nel corso dei secoli. L’italiano che parliamo oggi è ben diverso da quello parlato durante l’Impero Romano o quello dopo l’introduzione del volgare dantesco. Dante, così come tantз altrз autorз della letteratura hanno cambiato la lingua – attraverso nuove sonorità, neologismi o addirittura nuove regole grammaticali – in funzione di un bisogno espressivo. Noi non vogliamo assolutamente sostituire o paragonarci allз grandз autorз che hanno definito e plasmato l’identità del nostro amato Paese, ma vogliamo prenderci la briga di esprimere il nostro bisogno di inclusione, dove nessunə è esclusə, a cominciare dal modo in cui veicoliamo questa inclusione.

·        Ma chi se ne frega! Siamo tuttз uguali!

Se fossimo veramente tuttз uguali avremmo tuttз lo stesso accesso alle risorse sanitarie e scolastiche. Nessunə direbbe mai che quest’anno non può permettersi di andare in vacanza. Nessunə soffrirebbe d’ansia o di depressione. Tuttз vedremmo il nostro corpo in maniera accettabile. Nessunə avrebbe delle preferenze di acquisto. Tuttз voteremmo lo stesso partito.

Non siamo tuttз uguali. Ci sono persone che hanno dei redditi superiori ad altre. Ci sono persone che hanno opportunità di lavoro migliori di altre. Ci sono persone che hanno la possibilità di guarire in maniera più efficace ed efficiente di altre. Ci sono persone che appartengono a uno o più gruppi sociali che sono più fortunati/avvantaggiati di altri. Chi fa parte di gruppi socialmente svantaggiati – i cosiddetti gruppi minoritari – deve subire ogni giorno il peso della propria appartenenza, soprattutto se quest’ultima non è modificabile. L’appartenenza a gruppi svantaggiati ha il potere di diventare un marchio indelebile sulle persone che non si vedono riconosciute o che vengono discriminate – apertamente o meno.

Il linguaggio genderizzato ha il potere di incrementare la forza di quel marchio indelebile. Un linguaggio genderizzato costituisce un debito da cui è difficile uscire, così come la persona che ha un reddito basso difficilmente riesce a uscire da un circolo in cui è costretta a chiedere dei prestiti per sopravvivere. Noi vogliamo limitare il più possibile questo debito sociale. Vogliamo rendere più leggero il peso dell’appartenenza e vogliamo che davvero tuttз possano usare uguale energia mentale per usufruire dei nostri contenuti.

Noi non vogliamo renderci responsabilз nell’alimentare queste differenze. Siamo consapevolз della fatica di chi appartiene a questi gruppi. Moltз dellз socз e dellз articolistз di Asterisco appartengono a uno o più di questi gruppi. Il minimo che possiamo fare è intervenire affinché tutto questo possa essere circoscritto il più possibile, al limite delle nostre capacità.

·        La schwa non è valida perché non include le persone dislessiche o disgrafiche e non vedenti o ipovedenti.

Utilizzare la schwa ha necessariamente dei limiti. Le persone dislessiche e disgrafiche – cioè che hanno difficoltà nella lettura e scrittura e quindi nel riconoscimento specifico di alcune lettere – si troverebbero in difficoltà nel distinguere “ə” da una “e” o “з” da un tre. Le stesse difficoltà però vengono riscontrate nella distinzione tra “p” e “q” o tra “b” e “d”. Ciò non è mai stato sufficiente per determinare l’eliminazione di queste consonanti dall’alfabeto italiano.

Anche le persone ipovedenti o non vedenti potrebbero trovare delle difficoltà nell’uso di strumenti di lettura automatica. È un limite che riguarda primariamente l’aspetto tecnologico. Per questo speriamo che la ricerca nel campo della lettura automatica possa presto trasformare questo attuale limite in una risorsa futura.

·        Questa scelta linguistica non rischia di diventare una barriera per qualcunə?

L’utilizzo della schwa o di qualsiasi altra soluzione inclusiva ha il rischio di non essere conosciuta o condivisa da tuttз con la possibilità di apparire altezzoso o classista. La nostra è una scelta ponderata sulla consapevolezza che alcunз possano essere allontanatз a priori dalla fruizione dei nostri articoli. La speranza di Asterisco è di riuscire a raggiungere tuttз utilizzando canali diversi e trovando – di volta in volta – il modo più inclusivo possibile per dialogare con le persone avvicinandole, dove possibile, all’importanza di un linguaggio attento all’impatto e al peso che questi hanno sull’appartenenza a gruppi minoritari.

Bibliografia:

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Per approfondimenti: