Sabato 4 giugno si è tenuto il Cremona Pride, manifestazione che vede la partecipazione dellЗ cittadinЗ che sentono vicino e impellente il bisogno di ricevere diritti e tutele in quanto appartenenti alla comunità LGBTQIA+. La comunità LGBTQIA+ è ancora oggi, soprattutto nel contesto socio-culturale italiano, un gruppo minoritario la cui esistenza è considerata spesso illegittima. Numerosi articoli scientifici hanno dimostrato come le persone appartenenti a questa comunità abbiano un minor accesso alle risorse riguardanti la salute psicofisica e un maggior tasso di suicidi.

Ogni anno migliaia di persone manifestano con calore e colore con l’obiettivo di far sentire la propria voce, urlare la propria esistenza per farsi riconoscere dalle istituzioni e dalla classe politica che spesso, purtroppo, non fa altro che alimentare il pregiudizio, delegittimando ogni forma di uguaglianza sociale. Questo è solo un piccolo riassunto non esaustivo della complessità delle istanze che si riuniscono ogni anno, in quasi ogni città d’Italia.

Se queste sono le premesse, viene da chiedersi cosa abbia visto l’autorə dell’articolo in prima pagina pubblicato oggi 6 giugno 2022 da “La Provincia”, quotidiano di Crema – in completo anonimato – e gli illuminatissimi illustri opinionisti citati.

Il Cremona Pride non è stato nulla di quello che è stato raccontato in quell’articolo che di blasfemo aveva, forse, la scelta editoriale.

Cominciamo con una questione importante: considerare il Pride come “una festa colorata” è una forma di delegittimazione che cancella completamente le motivazioni sottostanti la scesa per le strade dellз cittadinз. Basare l’intera consistenza dell’articolo su un totale di 434 commenti indignati sui social fa quantomeno sorridere, considerato che la provincia di Cremona, stando alle rilevazioni Istat, ci sono più di 350000 abitanti. Salvini ha definito il Pride di Cremona come «un’esibizione di ignoranza e arroganza». Lo stesso commento potrebbe essere traslato a quei commenti che rappresentano lo 0,1% dellЗ cittadinЗ.

L’intento molto probabilmente era quello di dare un framing negativo – ovvero una cornice narrativa che influenza la lettura morale degli avvenimenti – con l’intento di giustificare le opinioni di tre persone: un imprenditore, un politico e un religioso.

Questa è una triade molto comune nelle narrazioni conservatrici in cui si dà molto più risalto a opinioni di persone che appartengono a gruppi sociali avvantaggiati, che hanno anche un eccessivo accesso a risorse economiche, di cura e di scolarizzazione a scapito di altre, il cui obiettivo è quello di mantenere lo status quo immutato. D’altronde cosa possono saperne loro di cambiamento sociale?

In aggiunta, il taglio dell’articolo richiama molto spesso il disgusto morale. Viene dato risalto a una raffigurazione “blasfema” di una madonna a seno nudo. AltrЗ potrebbero vedere la rappresentazione di una donna consapevole del proprio corpo e del modo in cui vuole vivere e mostrare le proprie identità, anche sessuali. Chi si occupa di discriminazione e pregiudizio non avrebbe dubbio nell’etichettare una madonna a seno nudo come una visione sessista del corpo femminile. Focalizzarsi solo sul seno – i cui i capezzoli sono stati anche censurati – e non su altro è una visione piuttosto oggettivante del corpo femminile. A questo si aggiunge la visione di sacralità che ogni donna dovrebbe fare propria: una visione che le rende persone dalla moralità incrollabile e, al contempo, schiave di norme sociali stigmatizzanti. Una visione quanto meno antiquata per una classe dirigenziale e politica che cerca rappresentanza e consensi nel 2022.

Non fa certo stupore che Matteo Salvini sia intervenuto su un non-caso del genere. Questo la dice lunga sulla sua agenda politica. Come possono stupire interventi di questo tipo dopo l’utilizzo strumentale quotidiano che Salvini fa su social e media generalisti dei gruppi minoritari svantaggiati?

Il fatto che vengano raccontate alcune cose a scapito di altre la dice lunga sul framing negativo utilizzato nell’articolo. Nessuna citazione, casualmente, della presenza di famiglie, mamme con bambinЗ – anche molto piccoli nelle carrozzine – papà amorevoli, coppie che si tenevano per mano, giovani e non che cantavano a squarciagola la necessità vitale di essere riconosciuti e tutelati. Completamente cancellati i discorsi degllЗ organizzatorЗ del Pride, delle organizzazioni promotrici e dell’intervento di Adrian Fartade, unə dellЗ più famosЗ e apprezzatЗ divulgatorЗ scientificЗ. Fartade ha raccontato alla platea di come recentemente è statə vittima di violenza da un gruppo di persone che non tolleravano la sua immagine e la sua identità. Negare l’esistenza di questo discorso, che ha commosso l’intera piazza Stradivari, significa cancellare il dolore e le molestie che le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ subiscono ogni giorno, arrivando a rischiare la propria vita semplicemente perché non vogliono nascondere la propria esistenza, rivendicando lo stesso diritto di esistere dell’imprenditore, del politico e del religioso.

La presenza di bambinЗ e la violenza nei confronti delle persone LGBTQIA+ – ma vale anche per qualsiasi altro gruppo minoritario, si pensi alle persone migranti – vengono spesso cancellate dalla narrazione della destra conservatrice. Il motivo è presto detto: la narrazione conservatrice di destra vuole evitare a tutti i costi che si empatizzi e si provino emozioni compassionevoli nei confronti di persone appartenenti a gruppi sociali svantaggiati. Il rischio matematico è che si possa provare vicinanza per queste persone e che ci si unisca alle loro battaglie legittime. E questo il conservatorismo religioso e politico non può permetterselo.

Chi ha descritto il Pride di Cremona come qualcosa di blasfemo ha utilizzato il proprio sistema di valori – del tutto soggettivo e discutibilmente condivisibile – per interpretare una legittima partecipazione politica in cui lз cittadinз hanno scelto di manifestare la necessità di un cambiamento sociale importante. Un cambiamento sociale che non viene innescato nemmeno dalla controparte politica “progressista” che ancora oggi a livello locale e nazionale si vergogna a far proprie le istanze di queste persone.

Stefano Daniele Urso,
psicologo sociale, presidente dell’associazione Asterisco.

Foto di copertina di Mercedes Mehling on Unsplash