Quello che segue è un tentativo di spiegazione sul perché sia necessario l’uso di un linguaggio inclusivo e sul perché noi – professionistз della salute mentale, divulgatorз, formatorз e articolistз – riteniamo sia doveroso applicarlo alla nostra attività – dal singolo articolo al colloquio psicologico.

L’intento è quello di dare delle risposte a domande che riteniamo possano emergere sia per critica sia per semplice curiosità, nella speranza che il contenuto possa anticipare o rispondere a questi legittimi bisogni.

·        Perché abbiamo scelto un linguaggio inclusivo?

Asterisco è nata con il desiderio di creare un ponte tra la ricerca scientifica nel campo delle diseguaglianze e dell’inclusività e la vita di tutti i giorni. Qualsiasi intervento Asterisco metta in atto ha una portata sociale. Il nostro focus è quello di creare un terreno condiviso in cui nessunə debba sentirsi esclusə, dalla formazione nelle scuole alle dirette su Instagram. Anche la lettura può essere un veicolo di esclusione. Ecco perché abbiamo deciso di rendere tutte le informazioni che veicoliamo (sia scritte sia parlate) il più accessibili possibile. Per questo abbiamo scelto di scrivere i nostri articoli rinunciando alla grammatica di genere.

·        Cos’è la grammatica di genere?

La grammatica di genere consiste nell’utilizzo, all’interno di una lingua, di nomi e declinazioni che hanno un’assegnazione di genere maschile o femminile. Con “assegnazione di genere” intendiamo tutte quelle forme grammaticali (come aggettivi, pronomi, articoli determinativi e indeterminativi) che riflettono il genere di un individuo in questione. È una grammatica tipica delle lingue latine come quella italiana. Numerosi studi nel corso degli anni hanno dimostrato come nei paesi in cui la lingua è particolarmente genderizzata sia minore l’uguaglianza di genere. Questo perché il modo in cui esprimiamo la nostra lingua riflette il modo in cui pensiamo e vediamo il mondo.

·        In italiano abbiamo il maschile plurale che vale per tutti i generi. Perché non vi accontentate di quello?

La nostra è una scelta che parte dalla consapevolezza che ogni nostra produzione (dall’articolo al colloquio psicologico) ha un impatto sociale. Questo impatto sociale per noi implica una grande responsabilità che accogliamo a pieno come professionistз.

Il maschile plurale non è sufficiente affinché l’effetto della grammatica di genere scompaia. Anzi, potremmo dire l’esatto contrario.

·        Cos’è il linguaggio genderless?

Il linguaggio genderless potremmo tradurlo come linguaggio senza-genere, ovvero che non ha riferimenti al genere degli individui a cui sono riferiti nomi, aggettivi e altre declinazioni. Chiaramente è un problema applicarla alla lingua italiana ed è il motivo per cui la ricerca in questo campo è molto attiva. Noi vogliamo essere parte di questa ricerca e abbiamo scelto di sperimentare l’utilizzo della schwa (sostituendo le declinazioni maschili e femminili con “ə” al singolare e “з” al plurale) .

·        Perché abbiamo scelto proprio la schwa?

La scelta su quale soluzione adottare non è stata semplice. Inizialmente avevamo adottato l’asterisco (da qui deriva anche il nome della nostra associazione), ma in tempi recenti abbiamo optato per questa nuova alternativa. Siamo consapevolз dei limiti di questa scelta, ma siamo estremamente ricettivз al cambiamento in questo campo. Qualora si presentasse una soluzione migliore della schwa la adotteremo ponderandone i pro e i contro.

·        Come devo leggere la schwa negli articoli?

La lettura è libera ed è uno dei grandi vantaggi della grammatica genderless. Chiunque può leggere le declinazioni con la schwa come vuole. A differenza del parlato, la lettura – che sia a mente o ad alta voce – permette una certa libertà di interpretazione. Nulla toglie che chi legge possa decidere di usare la declinazione maschile plurale. Il nostro consiglio è di approfittare della lettura dei nostri articoli per familiarizzare con la sonorità della schwa, che attualmente è percepita ancora come una nota stonata nella melodia che è la nostra lingua. Noi siamo convintз che sia solo l’effetto di un’abitudine che ancora non abbiamo fatto nostra.

·        Chi siete voi per cambiare la lingua italiana?

Può sembrare una frase fatta, ma la lingua italiana si è modificata nel corso dei secoli. L’italiano che parliamo oggi è ben diverso da quello parlato durante l’Impero Romano o quello dopo l’introduzione del volgare dantesco. Dante, così come tantз altrз autorз della letteratura hanno cambiato la lingua – attraverso nuove sonorità, neologismi o addirittura nuove regole grammaticali – in funzione di un bisogno espressivo. Noi non vogliamo assolutamente sostituire o paragonarci allз grandз autorз che hanno definito e plasmato l’identità del nostro amato Paese, ma vogliamo prenderci la briga di esprimere il nostro bisogno di inclusione, dove nessunə è esclusə, a cominciare dal modo in cui veicoliamo questa inclusione.

·        Ma chi se ne frega! Siamo tuttз uguali!

Se fossimo veramente tuttз uguali avremmo tuttз lo stesso accesso alle risorse sanitarie e scolastiche. Nessunə direbbe mai che quest’anno non può permettersi di andare in vacanza. Nessunə soffrirebbe d’ansia o di depressione. Tuttз vedremmo il nostro corpo in maniera accettabile. Nessunə avrebbe delle preferenze di acquisto. Tuttз voteremmo lo stesso partito.

Non siamo tuttз uguali. Ci sono persone che hanno dei redditi superiori ad altre. Ci sono persone che hanno opportunità di lavoro migliori di altre. Ci sono persone che hanno la possibilità di guarire in maniera più efficace ed efficiente di altre. Ci sono persone che appartengono a uno o più gruppi sociali che sono più fortunati/avvantaggiati di altri. Chi fa parte di gruppi socialmente svantaggiati – i cosiddetti gruppi minoritari – deve subire ogni giorno il peso della propria appartenenza, soprattutto se quest’ultima non è modificabile. L’appartenenza a gruppi svantaggiati ha il potere di diventare un marchio indelebile sulle persone che non si vedono riconosciute o che vengono discriminate – apertamente o meno.

Il linguaggio genderizzato ha il potere di incrementare la forza di quel marchio indelebile. Un linguaggio genderizzato costituisce un debito da cui è difficile uscire, così come la persona che ha un reddito basso difficilmente riesce a uscire da un circolo in cui è costretta a chiedere dei prestiti per sopravvivere. Noi vogliamo limitare il più possibile questo debito sociale. Vogliamo rendere più leggero il peso dell’appartenenza e vogliamo che davvero tuttз possano usare uguale energia mentale per usufruire dei nostri contenuti.

Noi non vogliamo renderci responsabilз nell’alimentare queste differenze. Siamo consapevolз della fatica di chi appartiene a questi gruppi. Moltз dellз socз e dellз articolistз di Asterisco appartengono a uno o più di questi gruppi. Il minimo che possiamo fare è intervenire affinché tutto questo possa essere circoscritto il più possibile, al limite delle nostre capacità.

·        La schwa non è valida perché non include le persone dislessiche o disgrafiche e non vedenti o ipovedenti.

Utilizzare la schwa ha necessariamente dei limiti. Le persone dislessiche e disgrafiche – cioè che hanno difficoltà nella lettura e scrittura e quindi nel riconoscimento specifico di alcune lettere – si troverebbero in difficoltà nel distinguere “ə” da una “e” o “з” da un tre. Le stesse difficoltà però vengono riscontrate nella distinzione tra “p” e “q” o tra “b” e “d”. Ciò non è mai stato sufficiente per determinare l’eliminazione di queste consonanti dall’alfabeto italiano.

Anche le persone ipovedenti o non vedenti potrebbero trovare delle difficoltà nell’uso di strumenti di lettura automatica. È un limite che riguarda primariamente l’aspetto tecnologico. Per questo speriamo che la ricerca nel campo della lettura automatica possa presto trasformare questo attuale limite in una risorsa futura.

·        Questa scelta linguistica non rischia di diventare una barriera per qualcunə?

L’utilizzo della schwa o di qualsiasi altra soluzione inclusiva ha il rischio di non essere conosciuta o condivisa da tuttз con la possibilità di apparire altezzoso o classista. La nostra è una scelta ponderata sulla consapevolezza che alcunз possano essere allontanatз a priori dalla fruizione dei nostri articoli. La speranza di Asterisco è di riuscire a raggiungere tuttз utilizzando canali diversi e trovando – di volta in volta – il modo più inclusivo possibile per dialogare con le persone avvicinandole, dove possibile, all’importanza di un linguaggio attento all’impatto e al peso che questi hanno sull’appartenenza a gruppi minoritari.

Bibliografia:

  • Jost, J. T., & Banaji, M. R. (1994). The role of stereotyping in system‐justification and the production of false consciousness. British journal of social psychology, 33(1), 1-27.
  • Prewitt-Freilino, J. L., Caswell, T. A., & Laakso, E. K. (2012). The gendering of language: A comparison of gender equality in countries with gendered, natural gender, and genderless languages. Sex roles, 66(3), 268-281.
  • Rudman, L. A., & Phelan, J. E. (2010). The effect of priming gender roles on women’s implicit gender beliefs and career aspirations. Social psychology.
  • Mullainathan, S., & Shafir, E. (2014). Scarcity: The true cost of not having enough. Penguin books.

Per approfondimenti: