Bi+ who you are: l’ombrello della bisessualità

La bisessualità è un orientamento sessuale che fa riferimento all’attrazione verso più di un genere e corrisponde alla “B” dell’acronimo LGBTQIA+. Spesso si usa il termine bisessualità come termine ombrello che include una varietà di identità ed esperienze che verranno descritte di seguito.

Le persone che si identificano come bisessuali sono attratte sia dal genere uguale al proprio sia da generi diversi dal proprio. Quando l’attrazione verso un solo genere è predominante, ma non esclusiva, possono essere preferiti termini come eteroflessibilità o omoflessibilità. Coloro che si identificano come pansessuali trovano che il genere di una persona sia irrilevante nel determinare l’attrazione, mentre il termine queer è utilizzato per mettere in discussione l’intera visione binaria dei generi e della sessualità. Fanno parte dell’ombrello della bisessualità anche le persone che percepiscono la propria sessualità come fluida e variabile nel tempo (Bowes-Catton, 2007). Se si prendono in considerazione altri tipi di attrazione, come per esempio quella romantica, questi termini sopracitati possono essere declinati di conseguenza: biromanticismo, panromanticismo, omniromanticismo, ecc.

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L’utilizzo del termine bisessualità come termine ombrello è stato spesso criticato, poiché rischia di sostenere la centralità nel genere per determinare l’attrazione. Nonostante queste problematiche, il termine è ancora il più utilizzato in campo politico per le pari opportunità, dai gruppi LGBTQIA+, dallз ricercatorз e da chi si impegna attivamente a fianco di coloro che sono attrattз da più di un genere. In questo articolo parleremo di ombrello bi+ per fare riferimento a tutte le persone che non si identificano come monosessuali

Attrazione, comportamento e identità bi+

Non tutte le persone che provano attrazione verso più di un genere si identificano come bi+. Infatti, l’attrazione, il comportamento e l’identità sessuale sono tre aspetti fra loro distinti (Barker et al., 2012). Per esempio, qualcunə può provare attrazione e avere comportamenti sessuali verso più persone di generi differenti, ma non identificarsi all’interno dello spettro bi+. Così come qualcun*altrə può provare attrazione verso più generi e identificarsi come persona bi+ senza avere mai fatto esperienza di comportamenti bi+.

Un rettangolo rappresenta l'attrazione BI+, al suo interno un cerchio più piccolo rappresenta i comportamenti BI+, un cerchio ancora più piccolo interseca il cerchio dei comportamenti e rappresenta l'identità BI+
L’attrazione BI+ è l’insieme più grande, alcune persone provano questo tipo di attrazione ma non hanno comportamenti correlati alla propria attrazione BI+ e non si identificano nell’ombrello BI+. Chi ha comportamenti correlati alla propria attrazione BI+ non necessariamente si identifica nell’ombrello BI+. Chi si identifica come persona BI+, non necessariamente deve attuare comportamenti correlati al proprio orientamento BI+.

  In base all’aspetto che si prende in considerazione cambia anche la prevalenza della bisessualità nella popolazione generale, rendendo difficoltoso fare delle stime accurate. L’Office for National Statistics del Regno Unito ha riportato che l’1,1% delle persone sopra i 16 anni si identificano come bisessuali. Uno studio americano (Mosher et al., 2005) ha rilevato che le percentuali sono molto più alte se si prende in considerazione l’attrazione e il comportamento sessuale al posto dell’identità.

Le stime della prevalenza della bisessualità, ovviamente, non sono e non devono essere in alcun modo connesse alla necessità di assicurare alle persone bi+ eguaglianza e libertà dalle discriminazioni. Questi infatti sono diritti fondamentali che prescindono l’identità o l’attrazione sessuale.

Stereotipi, Pregiudizi e Bifobia

Le esperienze e le identità bi+ mettono in discussione la visione binaria della sessualità profondamente radicata nella società occidentale e caucasica. Mettendo in crisi la dicotomia fra eterosessualità e omosessualità, le persone bi+ si trovano spesso forzate in una di queste due categorie. In ogni caso è bene ricordare che qualunque orientamento sessuale diverso dall’eterosessualità è soggetto a eterosessismo ed eteronormatività.

Le ricerche scientifiche (es. Brewster & Moradi, 2010) hanno dimostrato che gli individui bi+ sono soggetti al pregiudizio bisessuale, una forma di pregiudizio differente dal pregiudizio omosessuale. Il pregiudizio bisessuale – o più impropriamente chiamato “bifobia” – è definito come un insieme di atteggiamenti, comportamenti e strutture negative specificatamente dirette verso le persone bi+. Esso è evidente nel perpetuarsi di specifici stereotipi negativi, nella negazione della bisessualità e nella sua invisibilizzazione, esclusione e marginalizzazione. Questi fenomeni sono presenti purtroppo ancora oggi in molteplici settori e contesti: i media mainstream, le comunità gay e lesbiche, la ricerca scientifica, la psicologia e psicoterapia, la politica e la legislazione.

Fra gli stereotipi negativi maggiormente diffusi troviamo l’assumere che le persone che si identificano come bi+ siano promiscue, manipolatorie, portatrici di malattie sessualmente trasmissibili, incapaci di intraprendere delle relazioni monogame, che siano delle minacce per le relazioni o per le famiglie e che siano sempre sessualmente disponibili con chiunque. Un altro falso mito è che a lungo termine le persone bi+ prediligano le relazioni eterosessuali per mantenere i propri privilegi nella relazione monogama. Altre volte ancora gli individui bi+ possono essere usati come veri e propri fetish in risposta a fantasie sessuali, come per esempio il sesso a tre.

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La negazione della bisessualità avviene ogni qual volta le persone che si identificano come bi+ vengono percepite come “confuse” riguardo alla propria sessualità o come se fossero in uno stato di transizione che dovrà culminare nell’eterosessualità o nell’omosessualità.

Un esempio di invisibilizzazione è il dedurre l’orientamento sessuale osservando solamente l’espressione di genere dellə/з partner attuale/i. Oppure quando,  in assenza di comportamenti sessuali bi+,  si mette in discussione l’identità bi+ di qualcunə. Teniamo a mente però che l’eterosessualità è raramente questionata prima di avere avuto esperienze sessuali con qualcunə di un genere diverso dal proprio.

L’esclusione bi+ si esprime nell’assenza di servizi specifici per le persone bi+ e nell’aspettativa che queste usino una combinazione dei servizi per eterosessuali e per gay e lesbiche. Inoltre, anche nel trasmettere messaggi che fanno riferimento alle minoranze sessuali, le tematiche bi-specifiche vengono spesso trascurate.

La marginalizzazione della comunità bi+ è evidente quando si permette che commenti discriminatori nei confronti di persone bi+ passino incontrastati, quando si assume che la bisessualità possa essere oggetto di ironia accettabile, quando si da maggiore priorità alle tematiche eterosessuali o gay/lesbiche rispetto a quelle bi+ e quando si pongono molte domande rispetto alla bisessualità di una persona in modi che sarebbero considerati offensivi per individui di altri orientamenti sessuali. 

Come risultato di questi fenomeni, le persone bi+ sono soggette ad una doppia discriminazione, che avviene sia da coloro che si identificano come etero sia da coloro che si identificano come gay o lesbiche

Purtroppo, il pregiudizio bisessuale è ancora oggi poco riconosciuto e molto diffuso nei vari contesti scolastici, lavorativi, sportivi, della giustizia e della salute. Questo ha delle ripercussioni anche sulla salute fisica e mentale delle persone bi+, determinando una minore qualità di vita e di benessere generale. Appare quindi evidente la necessità di accrescere la conoscenza in questo campo e di impegnarsi attivamente per interrompere questa tendenza a una discriminazione silente e ingiustificata delle persone bi+.

Bibliografia

  • Barker, M. J. (2017). Gender, sexual, and relationship diversity (GSRD). British Association for Counselling and Psychotherapy. https://www.bacp.co.uk/media/5877/bacp-gender-sexual-relationship-diversity-gpacp001-april19.pdf 
  • Barker, M., Richards, C., Jones, R., Bowes-Catton, H., Plowman, T. (2012). The Bisexuality Report: Bisexual inclusion in LGBT equality and diversity.  Milton Keynes: The Open University, Centre for Citizenship, Identity and Governance. Available from: www.open.ac.uk/ccig/sites/www.open.ac.uk.ccig/files/The%20BisexualityReport%20Feb.2012_0.pdf 
  • Brewster, M. E., & Moradi, B. (2010). Perceived experiences of anti-bisexual prejudice: Instrument development and evaluation. Journal of Counseling Psychology, 57(4), 451–468.  doi:10.1037/a0021116
  • Bowes-Catton, H. (2007). Resisting the binary: Discourses of identity and diversity in bisexual politics 1988-1996. Lesbian & Gay Psychology Review, 8 (1), 58-70. 
  • Mosher, W. D., Chandra, A., & Jones, J. (2005). Sexual behaviour and selected health measures: Men and women 15-44 years of age, United States, 2002. Advance data from vital and health statistics, no. 362. Hyatsville, MD: National Center for Health Statistics. 

Approfondimenti

Foto in copertina di Joel Muniz.

Oltre il binario: le definizioni dell’identità sessuale 

Per parlare in modo efficace della comunità LGBTQIAPK+ è fondamentale parlare di identità sessuale. È importante partire quindi dalle basi, definendo con precisione le dimensioni fondamentali per entrare con consapevolezza nel meraviglioso mondo delle Gender, Sexuality, Relationship Diversities. 

L’identità sessuale è una componente dell’identità di ogni essere umano. In letteratura è stata descritta come un costrutto multidimensionale composto da sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale. 

L’identità sessuale emerge dalla complessa interazione tra fattori biologici, psicologici, sociali e culturali. Essa è fluida, ovvero può cambiare nel corso della nostra vita, e può essere o meno in linea con il nostro sesso biologico, il nostro comportamento sessuale o il nostro orientamento sessuale effettivo.

Il sesso biologico come spettro

Quando parliamo di sesso biologico, solitamente pensiamo ai maschi e alla femmine. In realtà la situazione è più complessa.

A livello scientifico il sesso biologico si riferisce alle differenze fisiche tra individui maschi, femmine o intersessuali ed è definito da almeno dieci diversi marcatori biologici, come ad esempio cromosomi, gonadi,espressione genica, tipi e livelli di secrezione ormonale, ecc.

Il sesso biologico viene considerato uno spettro, ovvero una dimensione continua in cui maschi e femmine non sono divisi arbitrariamente in due categorie separate e indipendenti. Nello specifico il sesso biologico presenta quella che in statistica viene definita una distribuzione bimodale, ovvero la maggior parte delle persone ha caratteristiche sessuali esclusivamente maschili o esclusivamente femminili. A queste si aggiungono persone che si trovano al centro dello spettro, tra il sesso maschile e il sesso femminile. 

Rappresentazione grafica della distribuzione bimodale del sesso biologico in cui si evidenzia lo spazio esistente tra maschile e femminile e rappresentazione di una distribuzione binaria - errata - in cui non esiste lo spazio tra maschile e femminile e quindi non viene considerata l'intersessualità
La distribuzione bimodale comprende l’intersessualità nello spettro di sesso biologico. Il modello binario non è realmente rappresentativo della diversità sessuale umana. 

L’interesessualità è il termine ombrello usato per identificare tutte quelle persone che si trovano al centro dello spettro del sesso biologico e presentano caratteristiche sessuali che non sono esclusivamente maschili o femminili. Esistono molte forme di intersessualità, alcune di queste sono immediatamente visibili, ad esempio a causa di genitali non conformi, altre emergono solo con esami clinici specifici.

Nonostante queste evidenze, ancora oggi a livello culturale spesso si tende a considerare il sesso umano come una dimensione esclusivamente binaria composta da due gruppi differenti e separati tra loro: maschi e femmine. 

Generalmente il sesso viene assegnato alla nascita sulla base di poche caratteristiche fisiologiche, in particolare l’osservazione dei genitali e – in alcuni casi – la composizione cromosomica. Questa modalità di assegnazione può risultare parzialmente errata, se non del tutto, e reiterare un forzato binarismo sessuale in cui le persone intersessuali rischiano di subire medicalizzazioni atte a correggere ciò che culturalmente viene considerato non conforme, cioè “fuori norma”.

Quando viene assegnato  il sesso a una persona appena nata si sta anche – più o meno consapevolmente – contribuendo a costruire le aspettative su come quella persona dovrà essere e comportarsi in base al suo essere femmina o maschio, in altre parole le stiamo assegnando un genere.

Il genere: definizione, identità ed espressione

Il genere viene definito come un costrutto bio-psico-sociale in cui le diverse componenti hanno una relazione e un’interazione complessa.

Le componenti biologiche si riferiscono in particolare al funzionamento cerebrale e ormonale. Le componenti psicologiche si riferiscono a come percepiamo e sperimentiamo  il nostro genere, ovvero alla cosiddetta  identità di genere. Le componenti sociali riguardano il modo in cui percepiamo il genere a livello sociale attraverso norme, ruoli ed espressioni nelle diverse culture e nei diversi periodi storici.

Anche il  genere può essere concettualizzato, come il sesso biologico in termini di spettro e fluidità. Nel mondo esistono sia culture che considerano il genere come binario –  esistono solo uomini e donne –, sia culture che contemplano l’esistenza di più generi oltre al maschile e al femminile. 

A differenza di quanto si pensi, il genere e il sesso biologico sono due cose diverse, e non sempre coincidono. A livello culturale infatti le differenze biologiche tra i sessi sono percepite come fortemente corrispondenti a differenze di genere profonde e immutabili: ad esempio se una persona è femmina, allora è donna e sarà gentile e accogliente. Questa corrispondenza forzata viene definita in letteratura come essenzialismo psicologico e ciò comporta una percezione di genere basata unicamente sulle differenze biologiche tra maschi e femmine.

Il genere però non necessariamente corrisponde al sesso biologico della persona. Ad  esempio esistono persone assegnate “femmine” alla nascita che si riconoscono nel genere maschile o viceversa. Esistono anche persone non binarie, che non si riconoscono in nessun genere, che si riconoscono in una combinazione dei due generi, che si riconoscono in un terzo genere o in più generi.

L’identità di genere riguarda la consapevolezza intima e profonda del nostro genere, si riferisce alla percezione che abbiamo di noi stessЗ e a quanto ci sentiamo allineatЗ o meno con le caratteristiche dei diversi generi. 

L’espressione di genere invece riguarda il modo in cui presentiamo il nostro genere al mondo, ad esempio attraverso la nostra immagine estetica, i vestiti, gli atteggiamenti e molto altro. In altre parole, l’espressione di genere è parte della nostra immagine sociale e di come quest’ultima viene percepita dallЗ altrЗ in base alle norme di genere.

Non sempre abbiamo la possibilità o il desiderio di esprimere liberamente il nostro genere, ad esempio potremmo trovarci in contesti in cui non ci sentiamo sicurЗ di essere accettatЗ. Esprimere o meno l’identità di genere non impatta sulla legittimità della propria identità di genere. 

Ruoli di genere: il proprio posto nella società

Il ruolo sociale è l’insieme dei modelli di comportamento attesi, degli obblighi e delle aspettative che convergono su una persona che ricopre una determinata posizione sociale.

In una società in cui è forte e dominante il concetto di binarismo, i ruoli di genere sono i ruoli che uomini e donne dovrebbero occupare in base al loro sesso assegnato alla nascita.

I ruoli di genere sono il prodotto delle interazioni tra le persone e il loro ambiente e forniscono le indicazioni su quale sia il tipo di comportamento appropriato a seconda della propria appartenenza di genere. 

Crescendo impariamo a mettere in atto le aspettative richieste dal ruolo di genere corrispondente al genere che ci è stato assegnato. Ad esempio, il ruolo maschile prevede coraggio e intraprendenza, quindi le persone assegnate maschi alla nascita vengono incentivate affinchè diventino coraggiose e intraprendenti. Col tempo la maggior parte delle persone tendono ad adottare i tratti associati al loro genere e iniziano così a identificarsi in essi. 

Tra le varie aspettative associate al genere a livello culturale ci sono anche quelle che riguardano l’attrazione. In generale si dà per scontato che le persone siano per la maggior parte eterosessuali. L’orientamento affettivo però – come vedremo nel prossimo paragrafo – è una dimensione indipendente dal genere.

Orientamento affettivo: chi ci attrae e perchè.

L’orientamento affettivo indica verso quale genere o generi è indirizzata l’attrazione ed è il risultato dell’interazione di fattori biologici, genetici, ambientali e culturali. Anche l’orientamento affettivo è considerato una dimensione fluida e potenzialmente modificabile nel tempo.

Per attrazione si intende una forma di desiderio sperimentato nei confronti di un’altra persona, caratterizzato da un forte coinvolgimento fisico ed emotivo.

Esistono diversi tipi di attrazione: romantica, sensuale, sessuale, estetica e platonica. Ognunǝ di noi può provare nessuna, alcune o tutte le forme di attrazione nei confronti di nessuno, uno o più generi.

Parlare solo di orientamento sessuale è limitante in quanto le persone possono provare diversi tipi di attrazione nei confronti di diversi generi. Esistono ad esempio persone asessuali, che quindi non provano attrazione sessuale nei confronti di altre persone, e biromantiche, che quindi provano attrazione romantica nei confronti di persone di più generi. Esistono anche persone bisessuali, che quindi provano attrazione sessuale per persone di più generi, e omoromantiche, che quindi provano attrazione romantica solo per persone del loro stesso genere. Le combinazioni possono essere infinite.

La relazione tra le componenti dell’identità sessuale

L’identità di genere, l’espressione di genere, il sesso biologico e l’orientamento affettivo sono dimensioni indipendenti, ovvero non sono collegate tra di loro. 

L’orientamento affettivo delle persone non determina la loro espressione o il loro ruolo di genere, la loro espressione di genere non è determinata dalla loro identità di genere e la loro identità di genere non è determinata dal loro sesso biologico e così via. 

Tutte le dimensioni dell’identità sessuale possono influenzarsi, ma nessuna di queste ne determina altre.

Conoscere le componenti dell’identità sessuale e la loro reciproca interazione ci permette di comprendere meglio noi stessЗ e le altre persone, in particolare tuttЗ coloro che appartengono alla comunità LGBTQIAPK+. La consapevolezza è il primo  – fondamentale  – passo per ridurre i pregiudizi ed essere inclusivЗ.

Bibliografia

  • West, C., & Zimmerman, D. H. (1987). Doing gender. Gender & society, 1(2), 125-151.
  • Rudman, L. A., & Glick, P. (2021). The social psychology of gender: How power and intimacy shape gender relations. Guilford Publications.
  • Barker, M. J., & Iantaffi, A., (2019). Life ins’t binary: on being both, beyond, and in-between. Jessica Kingsley Publisher.

Per approfondimenti

Foto in copertina di Sharon McCutcheon su Unsplash